Solex: ovvero Beck con le mestruazioni
 

di: Fabio De Luca



"Quando le coppie vanno a vivere insieme, generalmente vendono la copia in più di quei cd che hanno tutti e due: statisticamente è un errore, perchè il non avere quella copia in più complicherà parecchio il processo di separazione, se un giorno dovessero scoprire di non amarsi più e di non voler più vivere insieme...". Laddove neanche Francesco Alberoni aveva mai osato, osa invece Solex. Ovvero Elisabeth Esselink, supergirl totale del post-lo-fi: che, come narra la leggenda e come tutti ormai sanno, al di là di una fulgida carriera come "Beck con le mestruazioni" (la definizione, sublime, è di una fanzine statunitense) sbarca il lunario in quel di Amsterdam grazie ad un negozietto di dischi di seconda mano. Ed in quel microcosmo finisce che, prima o poi, si rispecchi tutto quanto il mondo reale. "Un negozio di dischi usati è uno strano punto di osservazione" dice Solex: "ad esempio ti rendi conto di come il consumo della musica funzioni a cicli, e come c’è un momento in cui ragazzi e ragazze cominciano a portarti i dischi che hanno ascoltato fino a quel momento e questo significa che stanno crescendo". Ecco pronto un fantastico spunto per la versione indie-rock di Scherzi a parte: qualcuno che ignorando (o fingendo di ignorare) chi sia Solex, provi a rivenderle un paio di copie di suoi dischi... "In realtà è già successo, esattamente così!" ride Solex: "una volta una persona ha portato diversi dischi tra cui due miei. Ma sfortunatamente era un giorno in cui non lavoravo". Sia come sia, i dischi "che-la-gente-non-vuole-più" accatastati nel suo negozio rimangono la materia prima con cui, con una paziente opera di taglia-e-cuci, Solex produce i suoi dischi. Nulla di nuovo, ovviamente, ma una cosa che nelle mani di Solex prende più che in qualunque altro caso la forma di un "riciclo intelligente". Non a caso, infatti, si parte proprio da una raccolta differenziata.

"La regola generale " spiega Solex, " è di campionare cose molto semplici, acustiche, su cui poter intervenire. Se campioni un suono già elaborato, filtrato da effetti, avrai poco margine di intervento, sarà meno flessibile". 100% dischi, dunque? "Soprattutto, ma uso anche bootleg, registrazioni pirata di bands che vado a vedere dal vivo". Eh? "Si: a differenza dei dischi i bootleg sono molto più difficili da riconoscere per una band, e dunque li posso campionare con molti meno problemi... L’unico problema è avere delle registrazioni di buona qualità, ma in genere riesco ad attaccarmi direttamente al mixer. Ultimamente sono affascinata soprattutto dal campionare le voci". Voci che vanno dagli ospiti di trasmissioni televisive a (ooooh!) giornalisti che la intervistano via telefono. E già le leggende si sprecano: ad esempio quella secondo cui per l’ultimo Low Kick And Hard Bop Solex avrebbe campionato dei non-udenti mentre parlano o cantano. "Non è del tutto esatto: si trattava di un documentario inglese. E’ strano, perchè non avendo alcun controllo sul suono che stanno effettivamente producendo il modo di parlare dei non-udenti ha qualcosa di primigenio, di assoluto. Ed in realtà è qualcosa che è possibile ricreare sotto forma di gioco, mettendo un paio di cuffie con una canzone a tutto volume in testa ad una persona e chiedendogli ad esempio di cantare una melodia totalmente differente. Se avessi un budget illimitato da spendere mi piacerebbe invitare musicisti famosi e farli suonare in situazioni impossibili di questo tipo: pensavo ad esempio a Nigel Kennedy, costretto a suonare un pezzo di Vivaldi mentre nelle sue orecchie c’è un Concerto di Mozart a tutto volume...". Però... ci sarebbe di che farne un format televisivo tipo Grande Fratello da vendere in tutto il mondo... "Sarebbe fantastico, forse dovrei pensarci seriamente: The Big Solex... suona anche bene!". E la voce che apre il nuovo disco, è tua nonna? "A dire il vero... non lo so! È una voce che ho trovato su un vecchio disco, non ricordo neanche più quale. Molte persone mi chiedono se si tratti di mia nonna o di qualcuno della mia famiglia... ovviamente l’ho scelto perchè c’era qualcosa di familiare, non fosse altro perchè il nome che chiamava era il mio... Ma non ho idea di chi sia la Elisabeth chiamata dalla voce: fa parte delle coincidenze che compongono questo disco".

(da: Rumore, novembre 2001)