Roni Size: "drumnbass vivo, tu morto" | |
di: Fabio De Luca "Waddayamean with "still"?!?". Perfetto. Lintervistato che dopo due-secondi-due di intervista già si ribella al suo intervistatore è il giusto contrappasso per tutte le volte che - con leggerezza e forse con irresponsabilità - si era detto oppure solo pensato (avendo in mente anche il mammuttone precedente di Roni Size, New Forms) che il drumnbass fosse arrivato ad un punto morto. La domanda iniziava con "ahem, Roni, drumnbass is still alive and well...", e a Roni Size è quello "still" (uno stupido petulante "ancora") che proprio non va giù. Ed era la dannatissima prima domanda. Ed era stata studiata per mesi con lo specifico compito di capire se il vice-monarca regnante (vacante Goldie) del drumnbass avesse avuto sentore della vox populi secondo cui il drumnbass fosse impelagato dentro una preoccupante impasse creativa, oppure no. La risposta comunque arriva. Con la faccia scura ma arriva. "Il drumnbass è ok. Come, per quanto mi riguarda, è sempre stato in tutti questi anni". Premesso che a Roni Size i dibattiti sulle questioni troppo generali non piacciono, perchè - dice - "non ha senso stare troppo ad analizare, cercare di vederci più cose di quelle che ci sono". Massimo rispetto, arrivando da un uomo che considera il Mercury Music Prize vinto tre anni fa "una decisione politica" da parte dellestablishment musicale. Una decisione "che ha portato molti a dover prendere coscienza, musicalmente, dellesistenza di unaltra Gran Bretagna. Anche se, poi, non è cambiato molto". Tranne, forse, mettere Roni Size nella scomoda posizione di "portavoce" planetario del drumnbass. "Non ho mai pensato a quello che faccio necessariamente in termini di drumnbass", dice. "Così come non ho mai pensato al drumnbass in termini di "nuovo jazz". Sono solo semplificazioni. Avevo una visione, e la visione si è fatta via via più definita man mano che procedevo. Sapevo dove volevo arrivare, ed oggi se possibile ce lho ancora più chiaro che mai, nella mia testa". Vale la pena a questo punto di riprendere una sua dichiarazione di un paio di anni fa: "La musica non ha bisogno di parole per essere potente. La musica è come il Manchester United: nessuno di loro parla la stessa lingua ma tutti loro sanno che cosa stanno provando a fare, sanno dove stanno andando così come lo sa la gente che li guarda. Ecco, questo vale anche per la nostra musica". Racconta invece la leggenda che il primo contatto di un giovanissimo Roni Size con la musica fu grazie ad una videocassetta di Wildstyle, il film sulla primissima scena rap e sulla sottocultura hip-hop che laveva allevata. E in effetti già dai primi istanti del nuovo album In The Møde (al quale, incidentalmente, contribuiscono anche Method Man del Wu Tang Clan e Rahzel dei Roots - e sentitevi anche il punto di vista di Size sullRnB in Play The Game...) sembra appunto di trovarsi di fronte ad un lavoro che ha ben chiare, fra le altre cose, le ramificazioni della vecchia scuola. "Ha più a che fare con James. Tutta la musica nera moderna deriva da una sola fonte, James Brown. Laltro giorno parlavo con un dj che di regola non suona drumnbass, e mi diceva "ho sentito ladvance del tuo disco, non vedo lora di provare a suonare In & Out". Questo è il punto... Ha a che fare con lenergia viva che si crea quando lavori nella direzione giusta". Ed ha a che fare anche con la impressionante sensazione di "immediatezza" che esce dal disco, probabilmente. "Le parti suonate e i cantati sono praticamente tutti "buona la prima". E un disco il più possibile vicino alla spontaneità che si crea allinzio di una lavorazione". Evidente linfluenza dei lunghi mesi di tour successivi alluscita di New Forms. "Quando suoni dal vivo rischi di chiuderti in una routine di ruoli e scappatoie, quindi avevamo cominciato a commettere di proposito degli errori solo per vedere come ne saremmo usciti..." conclude Roni Size. Una dichiarazione che - strano ma vero - potrebbe essere uscita dal repertorio più leggendario di Frank Zappa. (da: Rumore, novembre 2000) |
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