Riot Girls 2001: grrrls just wanna have fun? | |
di: Fabio De Luca Si riparla di riot-grrrls (rrragazze terrribili), sette anni dopo la piu rumorosa rivoluzione femminista/femminile dai tempi delle "streghe" del post-68 europeo e dei campus statunitensi. "Every girl is a riot grrrl" era il motto, basato sullidea di fondo che la solidarietà "tra ragazze" potesse rovesciare il totalitarismo maschile nel rock come in qualunque altro campo della cultura. Rivoluzione vinta, ma anche (come qualunque altra rivoluzione passata per le stazioni dei media) velocemente riassorbita nellennesimo "stile" di facile consumo (una gonna a fiori, un paio di anfibi, un disco delle Hole...). Cosè rimasto oggi, dunque? Cosa cè di nuovo che già non sapessimo? Intanto un paio di nomi, Donnas e Kittys ad esempio, che tanto per cominciare non sentono così ovvia la continuità con le "riot-grrrls" di sette anni fa. Il rapporto con il mondo ed il proprio corpo non sono quasi più per nulla una questione, come si diceva un tempo, "politica". Le nuove riot-grrrls sono post-politiche di brutto: se ne fregano della "differenza" cosi faticosamente circoscritta dalle loro sorelle maggiori e - se comportarsi "da uomini" puo aiutare ad emergere - semplicemente lo fanno, superando a destra tutte le Courtney Love e le PJ Harvey. Il mondo è uno schifo, no? Quindi tanto vale puntare dritto al divertimento, e in particolare a quel serbatoio idealizzato di divertimento "archetipo" che sono gli anni del liceo (e gli "anni del liceo" della societa americana tutta intera, cioe i primi anni Ottanta delle vvGo Gos, di Ally Sheedy e di Breakfast Club). Quello che viene fuori è praticamente Amercan Pie, versione riot-grrrls Y2KI. Se lidea era quella di superare i ragazzotti maschi sul loro stesso terreno, beh... battaglia vinta?!? Chissà. Certo: qui da noi il confronto con lunica riot-grrrl possibile - Cristina la bagnina, che sbaraglia i Rambo e le cover-girl del Grande Fratello facendo slalom tra le nomination fino al gran finale ed alla trasformazione da sedotta & abbandonata a trionfatrice mediatica - è, purtroppo, impietoso per chiunque... Riot-grrrlismo di ritorno, dunque, dopo che dellestetica (e forse pure della sostanza) riot-grrrl se ne sono appropriati un po tutti, ma soprattutto i responsabili dei casting per la moda. Chi sono state, difatti, le varie Stella Tennant e Kate Moss se non le sorelline ripulite e su larga scala di Huggy Bear e Bikini Kill? E PJ Harvey, fotografata da Juergen Teller in un celebre servizio del 1995 tra letti disfatti e scatole di scarpe, mandava esattamente lo stesso messaggio: anoressia come azzeramento del genere sessuale (come da breviario punk) ed una sensualità che nasce, faticosamente, dalle ceneri dei parametri universalmente condivisi della femminilità. Per non dire della Cameron Diaz di Tutti Pazzi Per Mary, che con tocco già compiutamente post-riot modellava il ciuffo biondo con lo sperma dello spasimante di turno... "La sessualità resta larma più sovversiva delle donne" teorizzava Courtney Love nel momento di massimo hype per il movimento. Verissimo, ma per il resto un paio di tette è pur sempre un paio di tette, e a dirla un po cinicamente sono pur sempre le tette che fanno andare un video in heavy-rotation su Mtv. E allora, chi ha sfruttato chi, alla fine della giornata? Ecco perchè, a questo nuovo giro di boa, qualunque tentativo di ripercorrere le strade già note dell "utilizzare in chiave femminile le regole dettate dallindustria maschile" (o peggio ancora delladottare linguaggi maschili per affermare il proprio posto nel mondo) ci sembra inevitabilmente barocco, patinato, rococò. I valori maschili contro cui le riot-grrrls si scaglia(va)no sono valori in cui in una buona maggioranza dei casi nemmeno i maschi riescono a riconoscersi più con tanta confidenza. Valga, se non bastasse lesperienza diretta quotidiana, il titolo dellultima ricerca di una delle studiose-culto della prima generazione riot, Susan Faludi: Bastonàti, galleria di ritratti maschili "accomunati dalla sensazione di aver tutti perduto qualcosa". Rimane il valore della "solidarietà tra donne" e della "battaglia sulla differenza": arnesi della prosopopea teorica anni Settanta riportati ad un senso "contemporaneo" nella prima metà degli anni Novanta in mano ad un paio di illuminati progetti lo-fi pensati e gestiti da (e per) donne. Ma, ancora una volta, per la "Storia" ciò che è rimasto di quella stagione è un vago ricordo, la trasformista Courtney Love e la soporifera Skin degli Skunk Anansie. Se Thelma & Louise raccontava una sconfitta travestita da martirio (o un martirio travestito da vittoria) per la liberazione femminile, non è che la stagione riot abbia fatto una fine migliore. Ciò che vince è il vuoto, come nella grande metafora millenarista del Grande Fratello, come nel film più (negativamente) riot-grrrl degli ultimi tempi, Baise-Moi di Virginie Despentes. Persino il punk non è che un lontano ricordo di gioventù (per le più grandicelle) o un filmato visto su Nickelodeon in mezzo ai rerun di I Love Lucy e Vita Da Strega. Qualcosa comunque di distaccato dallesperienza quotidiana; qualcosa che ha più a che fare con le marachelle adolescenziali (vd. il culto diffuso per le Go Gos) che con il rimettere in discussione lesistente. Lultima generazione riot dimostra, se ancora non ce ne fossimo accorti, come il punk delle origini rientri ormai di diritto nella categoria del lounge e dellexotica. Puro graffito, puro Nuggets. Si staglia, sullo sfondo, linquietante spettro del rapporto femminile con il teen-pop alle origini del mondo moderno: un breve flirt, il contentino romantico un attimo prima che il mondo e la vita mostrino il loro vero volto, fatto di frustrazione, sogni infranti, violenza domestica e famiglia da gestire. A ben pensarci, con leccezione di alcune figure collegate al neo-tradizionalismo come Sheryl Crow e Alanis Morissette, non esiste nel rock una sola voce che racconti gioiosamente il proprio essere femmina/donna (ma del resto nemmeno esiste una voce che racconti gioiosamente il proprio essere maschio/uomo...). Forse i segnali vanno cercati altrove, non nel riottismo fuori tempo massimo. Nelle strane figure femminili che stanno uscendo dalla un tempo asessuata (o de-sessuata) scena elettronica: Leila, Allison Goldfrapp, Annie, linquietante cantante dei belgi Hooverphonic, la comune postfemminista berlinese delle Chicks On Speed, Peaches e la sua messinscena (da terapia di gruppo!) della relazione con Gonzales, le tante voci-senza-corpo della house... Bjork anni fa incantava con un pezzo in cui diceva di essere "violently happy", violentemente felice. Laltra faccia, letteralmente, del "crepa e basta" delle Bikini Kill. (da: Rumore, febbraio 2001) |
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