PJ Harvey: e alla fine arriva Polly (Jean) | |
di: Fabio De Luca Una musichetta lieve accompagna la salita in ascensore fino alla stanza dhotel dove è rinchiusa Polly Jean Harvey. La scena è molto cinematografica. Un giornalista in azione dentro, un altro giornalista che aspetta fuori. Con tutto il rispetto, se fossimo in un film e non nel magico mondo delle promozione discografica, lei potrebbe essere una squillo di lusso e noi i suoi clienti. Mezzora ciascuno e niente baci sulla bocca, che nel nostro caso significa mezzora ciascuno e "niente domande sui testi" (questa è la voce che circola, ma lei in realtà è un agnellino: risponde a tutto e tutti, salvo glissare come una pedina del Subbuteo sulle cose che - evidentemente - non ritiene rilevanti). Eccoci qui, a dividere trenta minuti e un divanetto. Del divanetto Polly occupa soltanto il margine più esterno del bordo, che quasi casca giù, e batte ritmicamente con il piede sul tavolino di fronte (ma di questo me ne accorgerò soltanto due giorni dopo, riascoltando la registrazione dellintervista, scandita da un toc-toc-toc che sembra lapporto psicoacustico di qualche dispettosa ombra dal regno dei morti). Ti guarda attraverso una frangetta disordinata con occhi attenti e un incresparsi di labbra come fosse tutto un ooooh di meraviglia: un armamentario facciale che - credeteci o no (ok, vedo un plebiscito di "no") - le conferisce espressioni e angolature molto simili a Jennifer Aniston (...E alla fine arriva Polly: tutto torna) e Fran Dresher (La Tata dellomonima serie televisiva). Il nuovo album possiede un titolo da meno di una settimana. Prima era "il nuovo album" e basta, adesso invece è Uh Huh Her, e la seconda "h" è entrata da meno di quarantottore. "Dopo le prime interviste mi sono accorta che tutti pronunciavano "uh-uh" con lintonazione sbagliata" spiega Polly. Prendiamo tanto per cominciare atto del fatto che esistano intonazioni giuste e intonazioni sbagliate per pronunciare "uh-uh". "Quella che avevo in mente io", argomenta PJ, "era unintonazione alla Elvis Presley: una cosa tipo "Huh-huh-huh"". (Oppure alla The Jesus & The Mary Chain nel pre-ritornello di Never Understand, ma questa fantastica associazione che di certo avrebbe fatto innamorare di me Polly Jean sfortunatamente mi viene in mente soltanto adesso mentre sto scrivendo: temo sia troppo tardi. Peccato). Recapitolando: "uh-uh" sbagliato, "uh-huh" giusto. Perfetto. Ora si può passare al resto. Dove vivi, al momento? Ho un piccolo appartamento a Los Angeles: ci vivo... diciamo tre mesi allanno, poco più. Quando non sono in tourneé, ovviamente. Lidea era di avere un posto nel quale sfuggire allinverno inglese. Ok, è vero, cerano un sacco di posti al mondo in cui sare potuta andare per sfuggire allinverno inglese: ho scelto Los Angeles perchè lì vivono un paio di persone a cui sono molto affezionata, ed ero stufa di vederle sempre e solo un paio di giorni allanno, di corsa, tra un aereo e laltro. Di tutte le metropoli al mondo Los Angeles non è forse un po... troppo metropoli per una persona nata e cresciuta nel Dorset come te?!? Credo sia proprio quello che mi piace di Los Angeles. Se abito in una città voglio che sia una città! Allo stesso modo in cui quando abito fuori dalla città voglio che sia un posto assolutamente silenzioso, e naturale, e immobile. Io come persona ho bisogno di entrambe le cose, in momenti diversi: il caos e leccitazione, e poi il silenzio. Credo che il Dorset e Los Angeles siano una buona combinazione, per quanto mi riguarda. E comunque Los Angeles è una città che offre un sacco di... interstizi in cui nascondersi. Però il disco nuovo non lhai registrato a Los Angeles, giusto? No, lho registrato nella mia casa inglese, nel Dorset. Ho fatto buona parte del lavoro lì, da sola. Poi ho portato i nastri in uno studio più grande, in realtà poco lontano da casa mia. Uno studio di proprietà del chitarrista dei Jethro Tull! Lì mi ha raggiunta Rob Ellis: nel mio studio sarebbe stato un problema registrare le sue parti di batteria. Nel complesso credo sia un disco molto semplice, molto casalingo. Penso che si senta. Penso che si senta che è un disco molto rilassato. Probabilmente ha a che fare anche con il fatto di registrare in "casa". Giusto per curiosità, cosa si vede dalla finestra dello studio? Si vede la spiaggia, e il mare, e una scogliera. E i gabbiani, certo. Oddio, sembra una cartolina, ma è esattamente così. Lo studio più grande invece era in mezzo alla campagna, e dalla finestra non vedevi altro che verde, a perdita docchio. Abbastanza stranamente nelle prime dichiarazioni alla stampa riguardo al disco, ancora mesi prima che uscisse, dicevi che si sarebbe trattato di un disco "ugly and disturbing"... Si, solo che poi... beh, le due canzoni più "ugly and disturbing" sono rimaste fuori, non le ho più volute mettere. Perchè? Percheeeeè... perchè alla fine mi ricordavano troppo altre cose che avevo fatto in passato, e cerco sempre di evitare di ripercorrere delle strade che ho già battuto. Lo consideri molto diverso rispetto ai tuoi vecchi dischi? Mmmh, credo sia un disco dentro al quale cè della bellezza, e della felicità. Forse più felicità che in molti dei vecchi dischi. Ed è stato faticoso da registrare, ma in quato caso per una ragione pratica: perchè lho prodotto tutto da sola, e dunque non cera mai nessuno a cui appoggiarsi. Il disco si apre con due canzoni decisamente lente, poi arriva Who The Fuck? con la sua botta di agressività che ti fa cascare dalla sedia. Cera un strategia di qualche tipo nel collocarla proprio in quel punto? Decidere la sequenza dei pezzi allinterno di un disco è unarte esattamente come scrivere le canzoni... Ci sono delle regole: una è che il pezzo più aggressivo del disco non deve arrivare troppo presto perchè altrimenti il resto del disco sembrerà blando al confronto, ma neanche troppo in là altrimenti sembrerebbe troppo estraneo al disco... Who The Fuck? in effetti non era facile da collocare: messa lì probabilmente colpisce lascoltatore ma gli da anche il tempo di riprendersi... Anche a parte Who the Fuck? questo è un disco estremamente "rumoroso", ma nel quale al tempo stesso il rumore è molto assimilato al resto, è elegante pur nella sua rumorosità... Non è con queste intenzioni che sono partita, però... si, sono abbastanza daccordo sul fatto che il disco sia venuto fuori esattamente così. E dalle poche interviste che ho fatto fino ad ora ho già capito che quello che se ne dirà in giro è che "PJ Harvey è tornata alle sue origini". E non è esattamente così... Cerco di evitare di ripetermi. Non credo che questo sia un disco che ho "già fatto". Però, chissà... Qualè tra gli stereotipi che spesso vengono usati per descriverti quello che ti da più fastidio? Fastidio... forse nessuno, adesso. Perchè adesso so che qualunque stereotipo mi possano appicicare addosso sarà soltanto una parte della verità: io sono più complessa di qualunque stereotipo, e ci sono parti di me destinate a rimanere completamente sconosciute a chi non mi conosce - bene - di persona. Quello che dicono di me in genere riguarda il fatto che sarei malinconica, oscura, arrabbiata, riservata fino allisolamento... il che è tutto vero, intendiamoci, e ci sono volte - lo ammetto - che comportarmi secondo lo stereotipo che gli altri si apettano da me mi risparmia un sacco di scocciature... Il fatto poi di avere una parte di me totalmente indipendente dalle canzoni e dai concerti è una necessità che considero molto salutare, perchè in ciò che scrivo e in come interpreto le canzoni nei concerti cè invece tutta me stessa, senza censure, ed è una situazione che è impossibile reggere senza uno spazio solo tuo a bilanciare quanto ti esponi. Imparare ad accettare gli stereotipi che gli altri possono costruirti addosso è la prima cosa che si impara quando si diventa una star? Lo è, assolutamente. È fondamentale impararlo. Prima impari ad accettare che non cè nulla che tu possa fare per influenzare il modo in cui la gente ti vede, prima raggiungerai la tranquillità. Nel tuo caso, in particolare, la gente usa i tuoi testi - ma in certi casi anche le copertine dei dischi - per ricostruire e dimostrare il tuo "venire a patti" con la femminilità nel corso degli anni... Lo so, e in certi casi è inquietante. Più ancora che i risultati a cui arrivano è inquietante il fatto che ci siano persone che impegnano tanta energia nel tentare di ricostruire una specifica ragione per ognuna delle parole che scrivo o che canto. Ciò a cui non pensano è che ciò che io faccio è fondamentalmente "scrittura", e dunque certe volte una parola posso decidere di usarla per suscitare una specifica reazione in chi ascolterà quella canzone. È come per qualsiasi scrittore di romanzi: io sono tutte le mie canzoni, ma non tutte le mie canzoni sono me. E comunque una canzone - ancora più di un libro - è qualcosa che va affrontato in un modo emotivo, non analitico. Scrivere una canzone è istinto e spontaneità... Ti consideri una persona istintiva, ovviamente. Molto istintiva! Ho molta fiducia nellistinto, nelle spinte che ti vengono dallo stomaco. Al tempo stesso in molti sul lavoro ti descrivono come una maniaca del controllo, una perfezionista: le due cose - istinto e perfezionismo - possono andare insieme, dunque? Mmh, forse ero perfezionista quando ero giovane. Nei primi due dischi ricordo di essere stata discretamente perfezionista: ma lì giocava linsicurezza, la paura che se non fosse stato tutto esattamente come volevo non sarei stata "io", non mi avrebbero riconosciuta per quella che ero e dunque non avrei raggiunto gli obiettivi che volevo raggiungere. Oggi so che alcuni errori possono essere meravigliosi, davvero! pensare che da un errore possa uscire qualcosa di positivo a cui normalmente non avresti mai pensato ti permette di essere meno vincolata al controllo. Nel nuovo disco ne sono successi di questi "errori meravigliosi"? Un paio. Sono cose molto tecniche, errori che poi sono diventati parte integrante di una canzone, se non addirittura struttura portante. The Letter ad esempio: sbagliando a suonare il riff di chitarra è venuto fuori quello che poi è diventato il ritornello. Cose così. Poi ci sono delle piccole imperfezioni nel suono - non veri errori, solo imperfezioni - che abbiamo deciso di lasciare perchè in qualche modo facevano parte del suono dellalbum, che è un suono naturale, di certo non ritoccato. Fra laltro mi pare che il disco sia stato registrato interamente in analogico, giusto? Completamente. Tutto su nastro, nessun computer: sarà banale, ma il nastro suona più caldo. E solamente una questione estetica o sei veramente una persona pre-tecnologica? In The Letter canti "chi mai è rimasto che scrive, al giorno doggi?"... E così. Io scrivo ancora delle lettere: non mi sono mai appassionata ai computer, nè alle email, nè ai telefoni cellulari. Riesco a farne a meno, e non mi costa fatica. Credo che questa grande facilità a mettere in relazione le persone abbia fatto perdere la capacità di osservare. Alcuni anni fa Vogue ti ha votato come una delle tre donne meglio vestite del music business... Oh, lavevo completamente dimenticato... Chi erano le altre due? Melissa Auf Dem Maur e una rapper, mi pare Lil Kim. La cosa che però mi chiedevo è se lessere per una volta tirata in mezzo in un contesto superficiale ti ha irritato oppure è stato un sollievo, come dire "oh, per una volta almeno non sezionano i miei testi ma si occupano di come mi vesto!"... Vestirsi non è affatto superficiale! Adoro vestirmi bene, mi piace lidea di poter trovare un abito gusto per ogni occasione - intendo nella vita, non solo sul palco. E mi piace girare per negozi, specialmente quelli di seconda mano. Sei "istintiva" negli acquisti allo stesso modo in cui dicevi di essere istintiva come musicista? Penso di si. Non sono una che spende una fortuna in abiti, in realtà non vado nemmeno così spesso a fare shopping. Come dicevo mi piacciono i negozi di seconda mano, perchè entri e non sai mai cosa potrai trovare, e se sei un appassionato di vestiti il thrill di entrare in un negozio di abiti usati non te lo può dare nessuna altra cosa. La maggior parte delle cose che vesto arrivano da negozi dellusato. Anche le scarpe... [bellissime scarpe rosse di vernice con il tacco sottile che da nero diventa argentato] Si! Scarpe da ballo originali anni Sessanta, pagate una ventina di dollari! Il giubbotto...? No, quello è nuovo. Regalato. Perchè, uhm, quando sei famoso capita anche che ti regalino i vestiti, eheheh. Il giubbotto è di una giovane stilista emergente irlandese. Si chiama... [si sfila il giubbotto per leggere letichetta] ecco, Antonia Campbell-Hughes. In Cat On The Wall la protagonista ad un certo punto dice "I heard this song on the radio": mi chiedevo se tu sai qualè la canzone che lei ascolta alla radio e che le fa ricordare il passato... Oh, giuro che non lo so. Potrebbe essere... molte canzoni. Il genere di canzoni che ascolti alla radio da teenager e che quando le riascolti anni dopo ti danno uno scossone. A te con quale canzone potrebbe succedere? Ultimamente mi è successo con il singolo degli Outkast, Hey-ha. Non riesco a rimanere ferma quando la sento! Si, ma qui si parlava di scossoni che arrivano dal passato... Ehm, sono una ragazza degli anni Ottanta: credo che succederebbe con qualcosa dei Duran Duran, qualcuno dei pezzi che stavano su Rio... (da: Rumore, maggio 2004) |
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