Nine Inch Nails: speranza e vaselina | |
di: Fabio De Luca "Ero il tipo di ragazzino che buttava via quindici bigliettoni per un disco import degli Psychic Tv solo perchè era figo che nessunaltro ce lavesse, anche se il disco faceva schifo. Quindi li capisco benissimo." "Non riusciva a credere quanto fosse facile/Infilò la pistola in bocca/e bang!" 1. STARFUCKERS, INC. Tutto è bene quel che finisce bene, però. O comunque tutto è bene quel che in un modo o nellaltro finisce. Alla fine The Fragile è uscito. Unopera di grandi dimensioni e di non immediata fruibilità ("la mia aspirazione è di creare qualcosa che sia digestibile ma che crei dei problemi durante il processo di assimilazione...") nella quale è coinvolta a vario titolo una imponente galleria di ospiti: Adrian Belew (Talking Heads, King Crimson), Steve Albini, Page Hamilton (Helmet), Dr. Dre, Bill Rieflin (Ministry, Revolting Cocks, Pigface), Mike Garson (David Bowie), Danny Lohner (Skrew, Rob Zombie)... Cè chi ha lavorato sulla totalità delle tracce e chi ha solo aiutato a registrare alcune tracce di batteria. E su tutto, ovviamente, si staglia la figura allampanata di Reznor super-controllore e super-assemblatore che parla di una non meglio identificabile "organic distressed quality" del suo nuovo lavoro... "Il disco è per la maggior parte costruito su suoni di chitarra", dice Reznor, "anche se non suona necessariamente come un disco chitarristico. Quello che sapevo sin dal principio era che questo era un disco sul collasso dei sistemi, sulle cose che si consumano e che si distruggono durante luso. Quindi le canzoni sono di quel tipo che ti sembrano perfette, ma poi cè qualcosa che ad un certo punto comincia a girare fuori controllo, e tu cerchi di riequalizzarlo e di chiudere in qualche modo la canzone, ma è la canzone stessa a impedirtelo... Per questo ho scelto chitarre ed altri strumenti a corda, perchè sono per loro natura imperfetti". Un disco pensato e costruito al computer che ugualmente, però, colloca al suo centro la chitarra più dei synth. Forse è stata proprio questa peculiare visione del rock ad aver affascinanto (notizia riportata da Spin lo scorso luglio) persino lapparentemente lontanissimo Axl Rose dei GunsNRoses, al punto da fargli precettare stabilmente nella attuale formazione dei Roses Robin Finck (chitarrista dei NIN per due anni tra il 93 e il 95) e addirittura chiedere "in prestito" a Reznor il suo ex-collaboratore privilegiato Chris Vrenna per un progetto - apparentemente il nuovo pluri-rimandato album dei Roses - di cui a due anni dallinizio dei lavori non si sa però ancora quasi nulla... 2. PRETTY HATE MEMORANDUM. I tre anni successivi sono per Reznor un pesantissimo periodo di vita on the road alternata a violenti contrasti con la sua casa discografica, la TVT. Colpevole di avergli proibito una collaborazione con lamico Al Jourgensen dei Ministry e di avanzare continue petulanti pretese di controllo su ogni singola nota prodotta, la TVT verrà "punita" da Reznor con un silenzio discografico a oltranza (interrotto solo dal mini-album Broken - comunque Disco di Platino in USA - e dal suo gemello di versioni remixate Fixed) destinato a risolversi solo dopo lacquisizione dellintero pacchetto-Nine Inch Nails da parte della multinazionale Island. Solo così sarà possibile ascoltare, nel 1994, The Downward Spiral, complessa opera a modo suo "concept" che segue le vicende di uno sfuggevole io narrante lungo un percorso di autodistruzione culminato con il suicidio. Registrato (con tutte le polemiche del caso) in quella villa di Beverly Hills nella quale nel 1969 Charles Manson portò a termine la strage della sua "Famiglia", The Downward Spiral è un capolavoro in perfetto equilibrio tra iperviolenza e power-electronics di classico stampo EBM (electronic body-music) e ricerca lirico-acustica concretizzata - ad esempio - nei toccanti intermezzi quasi "pastorali" di March Of The Pigs e Hurt. Un lavoro dal grande impatto emotivo in grado di mostrare, in ogni suo frammento, una concentratissima attenzione tanto al dettaglio quanto alla visione dinsieme ("una sorta di Sgt.Pepper per le nuove generazioni industriali" lo definiva Vittore Baroni in un Rumore di cinque anni fa). Appare evidente lo sforzo di Reznor nellampliare il più possibile i confini dei cliché "di genere", la sua idiosincrasia nellessere incasellato dentro un singolo genere piuttosto che un altro. Due anni dopo luscita di The Downward Spiral Reznor dichiara infatti: "E esattamente quello che mi ha detto Rick Rubin: "rischi di fare la fine di quello che dipingendo il pavimento si è chiuso nellangolo dove non cè la porta", ed è assolutamente vero. Per certi versi The Downward Spiral è il disco più estremo che potessi fare. Ma mi ha anche permesso di accedere ad un nuovo livello di maturità, dal quale evidentemente deriverà qualcosa di nuovo". "Qualcosa di nuovo" che tarda, però, a manifestarsi. Reznor, complice anche il mettersi in gioco senza troppe maschere delle sue liriche (un titolo come The Fragile...), è uno che ha un rapporto decisamente complesso e controverso con la propria creatività. "Qualunque scusa è buona per non sedermi al tavolino e ricominciare quel doloroso processo di auto-analisi che è lo scrivere", dice; "Potrei curare le musiche per i prossimi 15 film di David Lynch, ed al confronto sarebbe uno scherzo. Latto della creazione è lesperienza più gioiosa ed al tempo stesso più dolorosa che un essere umano possa sperimentare. Il fatto che non volessi ritrovarmi da solo con me stesso a scrivere è stata una delle ragioni che ha reso la lavorazione di The Fragile così lunga e faticosa. E più rimandi il momento di vedertela da solo con te stesso, più cresce la tua insicurezza al riguardo...". Gli ultimi cinque anni Reznor li passa infatti trovando unottima scusa dietro laltra per non pubblicare nulla di nuovo a proprio nome. Quasi nulla, in realtà. Perchè se è vero che da The Downward Spiral del 1994 a The Fragile in mezzo cè stata solo la interlocutoria raccolta di remix Further Down The Spiral, è però anche vero che questi anni sono stati spesi - fra il resto - a suonare dal vivo, comporre le musiche per il videogioco Quake, assemblare le colonne sonore per Natural Born Killers di Oliver Stone e Lost Highway di David Lynch, ritrovarsi candidato ad un Grammy nella categoria "best hard rock performance" (!) per The Perfect Drug (dalla colonna sonora di Lost Highway) e, soprattutto, produrre lalbum di esordio per quella icona dellanti-America fine anni Novanta che è Marylin Manson. 3. LANTICRISTO & LA SUPER-STAR Il rapporto che lega Reznor a Marylin Manson è complesso e interessante da indagare, e per contrasto forse ci rivela qualcosa di più proprio sullo stesso Reznor, che di Manson è il talent-scout oltre che la persona che probabilmente più di chiunque altro lo ha aiutato a definire la propria "poetica" fatta di cliché volutamente sopra le righe, messe in scena volutamente ridicole e rock elettro-gotico retrò e volutamente posticcio. Manson e Reznor: nel primo cè la violenza esibita, visibile, di uno che si è autonominato antichrist superstar; nellaltro una violenza intesa più allintrospezione di sé stesso che alla provocazione di chi guarda, una violenza opaca e alla fine dei conti persino molto consapevole del proprio portato. "Quando dico "voglio fotterti come un animale"", dice Reznor, "so perfettamente ciò di cui si tratta, cioè di un modo - anche piuttosto adolescenziale - per attirare lattenzione...". E unaltra differenza tra Manson e Reznor la troviamo proprio nella "tipologia", per così dire, dei loro singoli progetti. Perfetto quello di Manson: tempista, esatto, preciso come unoperazione di marketing ma - proprio per questo - anche estremamente prevedibile nelle sue prossime mosse. Più impreciso quello di Reznor: discontinuo, emotivo, scollegato dal mercato (i cinque anni di black-out...), comprensivo di errori (lamore per gli strumenti "per loro natura imperfetti" di cui al primo paragrafo). Se fossero una band del passato, Manson sarebbe i Beatles live allo Shea Stadium (più famosi di Gesù Cristo!), mentre Reznor il Brian Wilson di qualche oscura registrazione solista. Se fossero un film, Manson sarebbe Scream 2 (un lavoro consapevole, autoironico e al limite anche "intelligente" sui cliché di genere); Reznor, invece, il white-trash in estatica decomposizione di Natural Born Killers o Lost Highway... 4. "SPERANZA E VASELINA". (da: Rumore, ottobre 1999) |
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