Last Night a Dj Saved My Life: essere dj nel 2002 | |
di: Fabio De Luca "This is a journey, into Sound". Un breve intermezzo vocale rubato alla Salsoul Orchestra. Poi il ritmo (probabilmente The Jam dei Graham Central Station, destinato a diventare il break favorito anche dai Soul II Soul), quindi la voce dello speaker ricomincia annunciando che "questo è un viaggio dentro il Suono: un viaggio che lungo la strada porterà a voi nuovi colori, nuove dimensioni, nuovi valori". Eccolo: uno dei monumenti al groove dei tempi moderni, il Coldcut remix di Paid In Full di Eric B & Rakim. 1988: prima che i campionatori diventassero dotazione di serie in qualunque studio di registrazione (infatti il remix fu messo insieme con due giradischi e un delay digitale pilotato da un click, nemmeno un vero campionatore) Johnatan More e Matt Black creavano la definitiva opera dellartigianato taglia & cuci. Paid In Full è lesatto anello di congiunzione tra Adventures On The Wheels Of Steel di Grandmaster Flash e qualunque successivo disco basato sui campionamenti vi possa venire in mente. Gli stessi Coldcut lo avevano già mostrato un anno prima con il seminale 12" Say Kids, What Time Is It?: olio di gomito, un multitraccia a cassette ed un poco di fantasia possono fare miracoli. Sette anni più tardi, un paio di album ed alcune vicende di alterna fortuna dopo, i due Coldcut pubblicano unaltra pietra miliare: Journeys By Dj: 70 Minutes Of Madness, la madre di tutti i mix-album, un raffinato lavoro di cut-up e giustapposizione di brani preesistenti (Plastikman, Photek, Mantronix, Boogie Down Production...) ed altre fonti sonore, sulla scia del lavoro fatto settimanalmente nello show radiofonico Solid Steel (che è ancora oggi regolarmente in onda e disponibile online) e nella migliore tradizione dei mixtape hip-hop (tradizione da cui arriva anche Dj Shadow, tanto per dirne uno). Altri sette anni dopo: 2002, con il mix-album ormai divenuto genere merceologico a sé stante (e volumi del Buddha Bar che si vendono a sacchettate come le candele scaldavivande dellIkea) qualcunaltro prova a fare un po di confusione. Al grido di "45 canzoni in 60 minuti" i belgi Soulwax (indie-rockers di scarsa rilevanza, due soporiferi album allattivo) ribattezzatisi 2 Many DJs pubblicano As Heard On Radio Soulwax, mix-album dove gli Stooges ed i Velvet Underground stanno fianco a fianco con Felix Da Housecat e Dolly Parton. Anche qui cè uno show radiofonico alle spalle - Hang The Dj, sulla radio nazionale belga - ed una buona dose di faccia tosta nel cucire insieme limpossibile. "Ci ispiriamo direttamente alla filosofia di Grandmaster Flash" dicono i Soulwax, ma il punto di forza delloperazione sembra piuttosto essere il mettere lascoltatore nella posizione di "non sapere mai cosa potrà venire dopo" (antica regola aurea di ogni dj, prima che il fall-out della house instaurasse il flusso mono-genere). Cè ovviamente una consapevole componente kitsch (o "trash", o "camp": Wheres Your Head At dei Basement Jaxx sopra Peter Gunn di Emerson Lake & Palmer!), ma in altri punti labilità ricombinatoria è notevole (Independent Women delle Destinys Child su Dreadlock Holiday dei 10CC). E dance approcciata in egual misura "di pancia" e attraverso raffinate manovre intellettuali, con le modalità onnivore, disincantate e festaiole che hanno fatto la fortuna ad esempio di Fatboy Slim (o delle pionieristiche serate allHeavenly Social con Jon Carter e Chemical Brothers). Dance "impura" secondo i parametri delle sottoculture house e disco: turbo-compressa e compattata via ProTools fino a raggiungere (quasi) le folli tempistiche di Molella & Fargetta nel Deejay Time degli anni doro. Mai capitati, di recente, in una discoteca indie-rock? La discoteca indie-rock prevede innanzitutto un flyer su cui campeggiano alcune decine di nomi di gruppi "i cui dischi verranno suonati nel corso della serata" (immancabili Beck e Beastie Boys, ben piazzati Fatboy Slim ed i Daft Punk, con punte avanzate di nu-metal). In realtà più che come veicolo pubblicitario il suddetto flyer vale come una sorta di "contratto con lutenza" circa quelli che saranno i contenuti musicali della serata. Se infatti il dj si azzardasse a suonare un qualunque disco di un gruppo non compreso nella lista approvata sul flyer (e si parla di Here Comes Your Man dei Pixies, mica oscure b-sides dei Savage Republic...) tempo dieci secondi la pista si svuoterebbe neanche al bar fosse scattato il 3x1 sulle birrette. Allora: posto che il cliente ha sempre ragione e che se un dancefloor si svuota la colpa non è del pubblico "che non capisce un cazzo" (scusa servita per decenni ai peggiori cialtroni di questo mondo per giustificare la loro colpevole incapacità) ma di chi la musica stava mettendo, cioè il dj, veniamo dunque a parlare di quel bel tomo che è il dj "rock". Stiamo cominciando a focalizzare il problema. Chi era, una volta, il dj? Un appassionato di dischi, uno con una collezione impressionante, uno col feticcio della novità. Ma, appunto: una volta. Una volta se non avevi i dischi nemmeno cominciavi a fare il dj, e avere i dischi significava crederci, significava investire energie e paghette settimanali, provare amore e rispetto per ogni singolo mix dimportazione che riuscivi a mettere nella tua valigia. In concreto: se è vero che chiunque con un minimo di pratica e una dotazione standard di orecchio per la musica può diventare dj, NON è altrettanto vero che basta svegliarsi una mattina per essere un dj. O meglio, non era così fino a che la cuccagna del download libero & selvaggio non lo ha reso concretamente possibile. Proprio come nel mondo "reale", una apparente nuova democrazia ("TUTTI possono fare il dj") si è velocemente trasformata nel killer della fascia più bassa e meno protetta del mercato, quella dei dj in fase di "praticantato". Perchè tra un djetto masterizzato che si accontenta di 50 euro e comunque soddisfa il dancefloor ed un dj "vecchio tipo" che ne chiede 250 (magari anche perchè deve comprarsi i dischi) il gestore di un locale in cui la ricercatezza della musica non è la preoccupazione principale sceglierà a colpo sicuro il primo (e - fidatevi - il problema riguarda sempre più anche il circuito della dance, non più solo quello del rock). Eppure, ancora una volta, lapparente azzeramento del "valore aggiunto" anticamente legato al mestiere di dj è soprattutto un segnale di come le cose cambieranno in un futuro prossimo venturo... Siamo ad un punto di passaggio dal quale riusciamo a cominciare a intravedere il futuro, e il futuro avra modalità differenti rispetto a quelle conosciute fino ad oggi. Oggi siamo ancora concentrati sul pezzo finito, sul disco come oggetto che arriva dallesterno: domani potrebbe non essere più così. In questo senso la polemica sul "cd che sostituirà il vinile" è una falsa polemica. Il cdj è un passaggio puramente strumentale, non una rivoluzione. Ci sono degli ovvi vantaggi concreti (indubbiamente bruciare un test-pressing su cdr costa infinitamente meno che stampare un acetato!), ma il vero passaggio epocale riguarderà probabilmente un differente uso del materiale di base, e passerà quasi certamente attraverso il laptop. Ciò che la tecnologia ha fatto fino ad oggi per il djing non è stato altro che tentare di replicare con altri mezzi le modalità classiche ereditate dai Technics 1200: fa così linnovativo sistema per pilotare tracce Mp3 "dal giradischi" Final Scratch, esattamente come i nuovi folli e costosissimi Cdj-1000 della Pioneer (che sono finalmente riusciti a replicare in digitale tutti gli effetti ed i tic analogici dei 1200!). Nel futuro cadrà invece quel feticcio verso il disco che tutti noi abbiamo alimentato, sostituito dalla percezione di ogni singolo "pezzo" come semplice punto di partenza per successive infinite rielaborazioni. Djs che anzichè con due piatti lavoreranno con quattro tracce sempre aperte: una con le batterie, una con le basslines, una con frammenti armonici ed una con scratches di voci ed effetti (qualcosa di simile già succede in certi locali di Detroit). Djs che anzichè "pezzi" incroceranno frammenti di tracks divisi nelle loro strutture essenziali dilatandoli a piacimento, facendoli emergere e scomparire come fiumi carsici. E, quasi a smentire tutte le brutte cose dette sopra sul conto dei rock-djs, lavanguardia di questi scenari futuri arriva proprio da certe serate indie-rock (inglesi) tipo Trash al The End, dove il marchio distintivo dellultima stagione sono stati bootleg pirata fatti in casa che mettevano insieme limpossibile (tipo: Enter Sandman dei Metallica e laccapella di Shes a Bitch di Missy Elliot...). I bootleg non sono di per sé una novità: dalle favolose versioni taroccate "alla Lombardoni" (dal nome del più noto industriale italo-disco di fine anni Ottanta, re e sovrano dellimpero Discomagic) che riformattavano per le disco maranza virtualmente qualunque hit arrivasse sotto le loro grinfie, fino a certi primi rudimentali esperimenti come What I Am di Eddie Brickell con sotto il beat di Keep On Moving dei Soul II Soul (1990: loscuro autore era Andy Weatherall...) o il ricercatissimo cut-up tra In The Air Tonight di Phil Collins e Express Yourself dei NWA, di dischi che incrociano altri dischi - da che esistono i campionatori - ne sono sempre esititi. Le novità di questi bootleg (e relativi bootlegari) di ultima generazione sono però almeno due: che ognuno possa ormai farsi i propri con estrema semplicità, usando software spesso in distribuzione shareware (vd. lormai mitico Acid) e che gli autori abbiano cominciato a incrociare mondi tra loro lontanissimi creando bizzarri ibridi indie-disco o hip-pop come nel capolavoro di Freelance Hellriser (Genie In a Bottle di Christina Aguilera + The Strokes) o nellulima follia di Kurtis Rush (One Minute Man di Missy Elliot sopra The Lovecats dei Cure... Lo stesso Rush - che poi altri non è se non il super-hyped dj di Trash, Erol Alkan - già si era distinto per un bel clash tra il solito Get Your Freak On di Missy Elliot e Faith di George Michael). Tutti figli del geniale Satisfaction Skank, hit dei set di Fatboy Slim quattro anni fa (Rolling Stones + funk soul brother): la maggior parte sono semplici accapella hip-hop o rnb sopra basi "differenti", ma in alcuni casi il livello di intuizione è notevole (come nel riuscito cut up tra Blue Monday dei New Order e Cant Get You Out Of My Head di Kylie Minogue, incredibilmente "bootlegata" a sua volta - ma risuonando, male, il pezzo dei New Order - sul retro del nuovo singolo ufficiale di Kylie!) o della collana di 7" Girls On Top (I Wanna Dance With Somebody di Withney Houston + Numbers dei Kraftwerk, No Scrubbs delle TLC + Being Boiled degli Human League) uno dei quali è stato legalizzato e fa ora bella mostra di sé nellultimo spot-tv Rimmel. Djs che non si accontentano più di suonare lesistente ma cercano di darne un propria "lettura". Non è ancora "il" futuro, ma ci siamo vicini. (da: Rumore, luglio/agosto 2002) |
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