“between Vic and Jean-Luc Godard...” Essendo gonzo - ma sfortunatamente non nell’accezione resa celebre da Hunter S. Thompson - sono arrivato al concerto dei Nouvelle Vague quando sopra alle teste del gentile pubblico semiadolescente stava ormai galleggiando Love Will Tear Us Apart. Che dopo aver letto il fon-da-men-ta-le pezzo di Sean O’Hagan sul Guardian di tre giorni fa («Most great songs attain a life of their own once released into the world, but Love Will Tear Us Apart is the exception to the rule: it belongs exclusively to Joy Division and to Ian Curtis, even if he could not ultimately carry its weight.»: ne ha parlato anche Polaroid ieri) era un po’ come iscriversi al partito socialista la mattina dopo l’inizio di mani pulite. Ma comunque.
Perdute dunque le versioni inedite di Human Fly dei Cramps e Bizarre Love Triangle dei New Order, più tutto il cucuzzaro che invece già si conosceva dal disco; sentita una curiosa Bela Lugosi Is Dead dei Bauhaus (che contrariamente all’abituale modus operandi nouvellevagueiano non cancellava l’originaria venatura dark ma, anzi, la cavalcava fino in fondo) e una Just Can’t Get Enough che tentava forse di essere brechtiana/Dresden Dolls, ma l’effetto era quello di certi vecchi sketch di Raimondo Vianello epoca Tante Scuse. Ma sopratutto: sentita una Dance With Me che ha generato nel capanello degli ottuagenari - capitanati dal sottoscritto e dal papa laico cascinotto Fred Ventura - una specie di tombola della memoria per ricordarsi chi mai l’avesse cantata in originale, e chi diceva i Danse Society e chi diceva i Lotus Eaters e chi diceva «cazzo, ce l’ho sulla punta della lingua», finchè un giro di gùgòl più tardi non è venuto fuori che invece erano i Lords Of The New Church - coro di «ah!» via sms - rendendo così evidente una volta di più la profonda, viscerale, insostituibile natura di “gioco di società” dell’esperienza-Nouvelle Vague.
Poi, che fossero assai meno rifiniti e slurpatini rispetto al disco a me non è dispiaciuto. Temevo in realtà il contrario, visto che al di là della curiosità iniziale e del gioco di società, la formula “vecchia filologia new wave in chiave bossanova” è in realtà un implacabile - per quanto pittoresco - schiacciasassi. Invece quel po’ che ho sentito era talmente poveristico, talmente sputacchiante la glassa elettronica, talmente improbabili le due sciampiste vocalist - ancorchè in un’ottica j’adore le genre français decisamente materassabili, quella alla sinistra del palco per lo meno - da essere più simpatico che preoccupante. Qualora abitiate a Roma, Bologna o Torino, potrete toccare con mano di qui al weekend.
UPDATE: per gentile concessione di Sant’Limewire (mica per altro: il mio vinile originale abita in una casa a qualche centinaio di chilometri da qui) ecco l’originale di Dance With Me dei Lords Of The New Church, in tutto il suo - oggi forse incomprensibile - splendore di “risposta dark ai Duran Duran”. Quel sax verso la fine del pezzo oggi glielo si accartoccerebbe a mo’ di lattina della Pepsi, ma allora (1983, se non ricordo male) faceva molto “international” e “saper vivere”... |
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